Home 2010 23 Dicembre Al centro (il MIUR) la responsabilità di governare il sistema dopo la riforma
Al centro (il MIUR) la responsabilità di governare il sistema dopo la riforma PDF Stampa E-mail

Pochi hanno sottolineato che la Gelmini potrà passare alla storia come l’unico ministro, dopo Giovanni Gentile, ad essere riuscito a riformare (dal punto di vista legislativo, s’intende) sia la scuola superiore sia l’università.

Governance degli atenei, concorsi, valutazione: dopo la riforma cambierà poco e anzi, se nei nuovi statuti, che le università dovranno approvare entro sei mesi, non si presterà attenzione agli equilibri tra strutture di primo livello (i dipartimenti) e le strutture di secondo livello (le facoltà o schools) potrebbero nascere significativi problemi nell’organizzazione dell’offerta formativa, con danni evidenti per gli studenti.

C’è una questione strategica, però, che non è affrontata dalla riforma dell’università: il ruolo del centro del sistema. Perché un sistema universitario funziona non solo se le singole università funzionano, ma anche se il centro del sistema fa bene il suo mestiere.

E nei paesi occidentali i “centri” garantiscono che una serie di funzioni siano svolte in modo preciso e con tempistica adeguata: l’allocazione dei fondi, la valutazione periodica, la statuizione degli obiettivi di sistema da raggiungere. Queste attività essenziali sono svolte malamente dal centro del sistema universitario (il ministero insomma).

L’allocazione dei fondi alle università pubbliche avviene ormai con un anno di ritardo. La valutazione è fatta con modi e tempi discutibili. La valutazione della ricerca è stata fatta una volta agli inizi del decennio (senza essere usata in modo rilevante per l’allocazione delle risorse) e la seconda tornata è appena iniziata (quando finirà?). La valutazione finalizzata all’assegnazione di parte del finanziamento pubblico è sempre operata in modo tale da non “premiare” davvero le università migliori e da “non danneggiare” troppo le università peggiori.

Così, alla fine della fiera, nessuno la prende mai sul serio questa benedetta valutazione. Gli obiettivi di sistema (che in Italia sono stabiliti con un piano triennale) sono sempre, e da sempre, in ritardo (il piano 2010-2012 è in fase di approvazione e sarà emanato a inizio 2011).

Insomma, il nostro centro del sistema fa davvero male le cose che dovrebbe fare, e questo crea un disincentivo strutturale alle attese azioni virtuose degli atenei e delle corporazioni accademiche.

Se il centro non “guida” bene, è tutto il sistema a risentirne.

Non c’è nulla nella nuova legge per correggere questi tratti persistenti del “centro”. Le cose funzionerebbero certamente meglio (e anche la stessa attuazione della riforma) se il centro del sistema facesse meglio le cose che sono chiamato a fare, viste le responsabilità che gli competono.

E allora, se la legge assegna un bel compitino alle università (che nei prossimi mesi dovranno ridisegnare i loro assetti interni, pena un intervento ministeriale), è il caso di assegnare il compitino anche al centro del sistema.

Sarebbe opportuno che, ad esempio: i decreti attuativi siano emanati nei tempi previsti (anzi, con qualche settimana di anticipo); la programmazione triennale sia rimodulata per renderla realistica (che il piano in corso di approvazione sia quello per il triennio 2011-2013, perché tanto se si salta il 2010 non se ne accorge nessuno); il finanziamento pubblico 2011 sia assegnato entro e non oltre la fine del prossimo gennaio; sia immediatamente esplicitato come saranno utilizzati i risultati della valutazione della ricerca in corso di svolgimento; sia immediatamente programmata un’attività di monitoraggio dell’attuazione della riforma appena approvata.

Insomma, che il centro cominci a governare il sistema e non indulga nel solito errore di pensare che l’approvazione di una legge abbia risolto i problemi.
(G. Capano, Europa 23-12-2010)