Sono i dati raccolti da Eurostat a mostrare l’influenza delle opportunità educative sulla condizione dei più giovani. In Italia, nel 2022, si trovava nella condizione di NEET il 19% dei giovani tra 15 e 29 anni. Una quota che scende al 14% tra chi ha un livello di istruzione terziaria (cioè il segmento di chi, in questa fascia d’età molto ampia, ha la laurea) e più elevata tra chi ha al massimo un livello di istruzione secondaria inferiore (19,4%) e superiore (20,3%). Tra i diplomati nei percorsi generali (come i licei), la quota scende al 14,5%, verosimilmente anche per l’incidenza di coloro che frequentano l’università. Mentre è rilevante osservare come l’incidenza dei NEET salga al 24,3% tra chi ha un titolo di studio professionale. Un dato che segnala una difficoltà del sistema educativo di sviluppare capacità e competenze dei più giovani e che ha un impatto diretto sui percorsi di vita e sull’autonomia di ragazze e ragazzi. Basti pensare che nel 2022 l’età media in cui si stima che i giovani italiani lascino la casa dei genitori è 30 anni, il settimo dato più elevato in Ue. Una quota molto superiore alla media Ue (26,4 anni) e agli altri due maggiori paesi dell’Unione (Germania, 23,8 e Francia, 23,4). Indicatori che segnalano una vera e propria compressione delle possibilità dei giovani e anche una dispersione delle loro energie, che pone un’ipoteca seria sullo sviluppo del paese. In particolare nelle aree più fragili, con minori opportunità educative e professionali. I 15 capoluoghi dove il fenomeno incide di più sono Catania, Palermo, Napoli, Messina, Caltanissetta, Agrigento, Trapani, Siracusa, Frosinone, Enna, Crotone, Reggio Calabria, Taranto, Como e Cosenza. Undici di queste si trovano nelle province con le competenze più basse in italiano, in terza media. F: openpolis 9.07.24.
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